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auditory attention, noise, invecchiamento, senescenza, selective attention, demenza, Alzheimer
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cocktail party a effetto

cocktail party a effetto

La popolazione anziana cresce esponenzialmente prevalentemente nei paesi occidentali ma non solo. Infatti L’OMS ne prevede il raddoppio planetario entro il 2050 con il raggiungimento di 2 miliardi di over 65enni. L’Italia parte già da una posizione di testa, essendo la prima nazione per popolazione anziana in Europa, seconda solo al Giappone sul pianeta. La crescita si associa ad un parallelo aumento degli ipoacusici, delle varie forme di demenza e di conseguenza degli ipoacusici con demenza. Con l’invecchiamento si assiste a una disfunzione della cosiddetta “elaborazione uditiva centrale”. Non si tratta di non sentire, ma piuttosto di difficoltà a capire le parole di chi si rivolge a noi se altre persone parlano contemporaneamente o ci sono rumori di fondo. Questo é stato definito “effetto cocktail party”. C’è chi sostiene che una misurazione dell’elaborazione uditiva centrale, associata all’esame audiometrico dopo i 65 anni puó essere un ragionevole predittore di situazioni anche gravi come demenza o malattia di Alzheimer. «Un grave deficit uditivo può di aumentare fino a cinque volte il rischio di sviluppare demenza — sottolinea Alessandro Martini, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e organi di senso dell’Ospedale universitario di Padova — . Le cause di questo legame sono ancora poco chiare, ma è certo che l’identificazione precoce dell’ipoacusia e la riabilitazione uditiva possono fare la differenza».

L’elaborazione centrale può essere disturbata però anche nei bambini. In questi casi si osservano difficoltà a comprendere la voce in ambienti rumorosi, riconoscere la provenienza dei suoni e distinguere suoni simili. A volte i bambini possono comportarsi come se soffrissero di una perdita dell’udito, spesso chiedendo ripetizioni o chiarimenti. A scuola,  possono presentare difficoltà con l’ortografia, la lettura e la comprensione delle informazioni presentate verbalmente in classe. Secondo uno studio della Columbia University, il nostro cervello elabora tutti i tipi di suono che le nostre orecchie percepiscono (quindi i segnali arrivano tutti alla corteccia uditiva), ma solo quelli su cui ci concentriamo raggiungono anche le aree del cervello coinvolte nell’elaborazione del linguaggio e nel controllo dell’attenzione. I suoni su cui non prestiamo attenzione, invece, non raggiungono la nostra consapevolezza.

Soprattutto nell’anziano, questa capacità di focalizzazione sui suoni che ci interessano si indebolisce sempre più. Non si tratta quindi di una semplice perdita di udito, bensì di una insufficienza dell’attenzione. Gli anziani perdono questa attenzione selettiva con la conseguente diminuzione della capacità di seguire un discorso in una stanza piena di suoni. Questo fenomeno si manifesta precocemente in quegli individuo che tendono maggiormente a un decadimento intellettivo precoce.