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Ancora sull’uso della mascherina

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Ancora sull’uso della mascherina

Il bilancio di un anno di cambiamento così profondo delle nostre abitudini ci offre un quadro molto significativo anche quando analizzano gli accessi all’ambulatorio specialistico di otorinolaringoiatria. Le patologie che vengono alla mia osservazione in questi giorni ad esempio, sono notevolmente diverse rispetto a quelle dell’anno scorso.
Il primo, e forse più evidente cambiamento é la drastica riduzione delle patologie infiammatorie acute delle vie respiratorie. Sarà stata la riduzione della circolazione di veicoli inquinanti e la minor quantità di particolato prodotto dai motori diesel? Alcuni studi sostengono che sono oltre 6000 in meno i casi di asma nei bambini, se confrontati con lo stesso periodo negli anni scorsi. Una delle motivazioni fa riferimento ad una sensibile riduzione del numero di veicoli circolanti sulle nostre strade.
Ci sono peró anche recenti pubblicazioni che associano la diminuzione delle patologie respiratorie all’uso delle mascherine.
Che le mascherine fossero utili per prevenire il contagio da virus e batteri era da tempo noto (lo conferma l’obbligo dell’uso in sala operatoria) ma ora è stato accertato che hanno anche il potere di ridurre sensibilmente il rischio di sviluppare la forma grave di COVID-19, in caso di contagio.
La stagionalità delle malattie respiratorie è stata generalmente collegata all’abbassamento delle temperature, ma va soprattutto relazionata alla bassa umidità assoluta esterna e alla bassa umidità relativa interna, che aumentano l’evaporazione dell’acqua nel rivestimento mucoso delle vie respiratorie. L’uso della mascherina, oltre a limitare la diffusione dei germi, incrementa in modo esponenziale il grado di umidità dell’aria che penetra nel nostro albero respiratorio. La normale respirazione si svolge attivando un ciclo di assorbimento-riversamento all’interno delle maschere, in cui l’aria “sovrasatura” viene assorbita dalle fibre della maschera durante l’espirazione, seguita dall’evaporazione durante l’inspirazione di aria secca ambientale. Con le maschere di cotone a doppio strato, che hanno una notevole capacità termica, la temperatura dell’aria inspirata supera la temperatura ambiente e l’aumento effettivo dell’umidità relativa può superare il 100%.
L’effetto della maschera sulla riduzione delle infezioni avviene quindi principalmente per il forte aumento dell’umidità dell’aria inspirata. Questa elevata umidità favorisce l’eliminazione mucociliare dei patogeni dai polmoni, sia prevenendo la penetrazione di germi, sia, dopo che si sia verificata un’infezione del tratto respiratorio superiore, la loro eliminazione. Questo fenomeno, che chiamiamo clearance mucociliare, risulta molto efficace e può impedire o ridurre l’infezione del tratto respiratorio inferiore, mitigando anche la gravità nel caso di malattia. Questo meccanismo di azione ci fa comprendere che le maschere possono giovare a chi le indossa anche dopo che si è verificata un’infezione nel tratto respiratorio superiore, integrando la funzione tradizionale meccanica delle maschere nel limitare la trasmissione della malattia da persona a persona.
A casa, quando non portiamo la mascherina va, ove possibile organizzato l’uso di un umidificatore. Un gruppo di esperti di malattie infettive consiglia di impostarlo tra il 40 e il 60 percento di umidità relativa per “difendersi” dal coronavirus SARS-CoV-2. In questo range, infatti, il nostro sistema immunitario sarebbe più pronto e il patogeno circolerebbe nell’aria con maggiori difficoltà. Gli scienziati hanno lanciato una petizione da sottoporre all’OMS anche per promuovere il controllo e la regolamentazione dell’umidità anche nei locali pubblici.