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La paura del nuovo virus

La paura del nuovo virus

Lo stato d’animo piú diffuso, che ci é piombato addosso inaspettatamente, é la paura. In queste settimane tutti la sperimentiamo anche se con intensità diverse.Lo scoppio di un allarme ha la finalità di metterci in guardia, ma il risultato é che ci infonde un profondo senso di insicurezza, timore, talvolta panico. Paura di ammalarsi, paura di avvicinarsi ad altre persone che potrebbero essere veicoli del coronavirus, paura del crollo dell’economia planetaria nei prossimi mesi. Il Direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhamon Ghebreyesus ha chiarito a piú riprese che le uniche misure di quarantena e lockdown ( protocolli di blocco di tutte le attivitá in emergenza) potrebbero essere insufficienti.
In questi giorni di riflessione dovremmo tutti sforzarci di sperimentare esercizi mentali che ci possano aiutare a ridurre e allontanare in parte queste paure.
Mi permetto di suggerirne uno di sicura efficacia: facciamo elenchi di cose, fatti, pensieri. Un lungo elenco, per esempio potrebbe confrontare gli elementi di sicurezza e contrapporli alle incertezze riguardo al virus. Metterei tra le incertezze la durata della sua infezione, il tempo che passerà prima di vedere scendere il numero di nuovi malati. Quanto dura con precisione il periodo di incubazione? Perché nel nord Italia i casi gravi sono tanto numerosi? Rallenterà con l’arrivo del caldo o continuerà a diffondersi con la virulenza attuale? L’elenco potrebbe continuare, ma affianco mi sembra doveroso fare l’elenco delle certezze, forse meno numerose, ma molto più importanti.
Conosciamo con certezza la forma, le dimensioni, addirittura la sequenza genomica del nuovo virus, ma sappiamo anche bene come funziona il nostro sistema immunitario, cosa é un anticorpo e come lo possiamo dosare con un prelievo di sangue. Sappiamo che gli anticorpi, se circolano nel nostro corpo in quantità sufficiente, ci proteggono dalle ricadute. Un altro dato da inserire nell’elenco delle certezze é che molte persone inconsapevolmente hanno “incrociato” il virus e non ne sono stati infettati o hanno presentato sintomi talmente lievi da non essere stati diagnosticati come affetti da COVID-19. Sappiamo he il contatto però ha consentito loro di produrre gli specifici anticorpi, proprio come per i convalescenti, e sono quindi immuni a una seconda infezione per un discreto periodo di tempo, forse per sempre se il virus non muta. Il tanto discusso tampone ci puó dare un’istantanea dell’infezione attuale, domani potrebbe dare il risultato opposto, mentre il dosaggio degli anticorpi ci fornisce certezze sulla storia immunitaria del paziente e sul suo grado di protezione dalle ricadute. Ecco che il test sierologico che dosa la presenza di anticorpi si confermerebbe molto piú utile del tampone per identificare il (verosimilmente enorme) numero di persone già naturalmente protette dalla reinfezione per favorirne la reimmissione precoce nei vari settori lavorativi. Unicamente in questa maniera potremmo evitare il lockdown totale e concentrarci sulla protezione delle categorie a maggiore rischio.