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La vita è come uno specchio: ti sorride se la guardi sorridendo. (Jim Morrison)

“Ci vogliono settantadue muscoli per fare il broncio ma solo dodici per sorridere. Provaci per una volta!” scrive Mordecai Richler, il famoso autore de “la versione di Barney”.
Quando vivi una situazione positiva, per esempio se vedi un amico che non hai incontrato da molto tempo, si attivano molti segnali neuronali che viaggiano dalla corteccia cerebrale al tronco cerebrale (la parte più antica del nostro cervello). Da lì, i nervi cranici portano il segnale verso i muscoli responsabili della mimica del viso che si apre in un sorriso. Ma questo é solamente l’inizio. Una volta che i muscoli responsabili del sorriso sul nostro viso si contraggono, si attiva un ciclo di feedback positivo che risale al cervello e rafforza la nostra sensazione di gioia. Per dirla in modo più sintetico: “Sorridere stimola i meccanismi di ricompensa del nostro cervello in un modo che nessuna altra gratificazione riesce ad eguagliare”. In altre parole: il nostro cervello si sente bene e ci dice di sorridere, noi sorridiamo e confermiamo al nostro cervello che stiamo bene e così via.
Ecco perché in una recente ricerca scienziati inglesi hanno concluso “che sorridere può essere gratificante come ricevere fino a 16.000 sterline in contanti”.
Sono molti i muscoli che attivano la mimica, cioè sono responsabili delle espressioni e dell’aspetto del nostro volto, ma ogni volta che sorridiamo, ci sono 2 principali muscoli che attiviamo. Il primo è il muscolo zigomatico maggiore che solleva gli angoli della bocca. Ogni volta che questo muscolo si contrae, non otteniamo in realtà un “vero” sorriso. Gli scienziati lo chiamano sorriso “sociale”. Un secondo muscolo, si attiva per dimostrare sincerità: è l’ obicularis oculi e circonda la nostra cavità oculare.
Il nostro cervello è in grado di distinguere molto facilmente tra un sorriso reale e uno falso. Un ricercatore, il Dr. Niedenthal, sostiene che ci sono 3 modi in cui possiamo farlo:
Il nostro cervello inconsapevolmente confronta la geometria del volto di chi ci sta davanti con un sorriso standard oppure ci immedesimiamo nella situazione e giudichiamo se ci si aspetta un sorriso. Ma soprattutto: mimiamo automaticamente il sorriso, e questo é il sistema piú potente per rivelarci se quello che abbiamo di fronte a noi se è falso o reale. Se è reale, infatti il nostro cervello attiverà le stesse aree di chi ci sorride e possiamo percepire e condividere la sua sincerità.
Niedenthal ha soprattutto sperimentato quanto sia importante riuscire a imitare i sorrisi e se possiamo ancora distinguere i sorrisi genuini da quelli falsi: ha chiesto ai suoi studenti di mettere una matita tra le labbra. Questa semplice azione ha impedito di riprodurre un sorriso. Incapaci pertanto di imitare le facce che vedevano, gli studenti trovavano molto più difficile dire quali erano i sorrisi sinceri e quali quelli di circostanza.
Questo confermerebbe la tesi che non potendo provarlo su noi stessi, siamo quasi incapaci di distinguere un sorriso falso o reale. Sorridere riesce in conclusione a orientare positivamente la nostra mente e il nostro cervello.
È infatti il nostro cervello che memorizza e tiene traccia dei nostri sorrisi, un po’ come un “segnapunti del sorriso”. Sa bene quante volte hai sorriso e qual è lo stato emotivo generale in cui ti trovi.
Studi recenti confermano che sorridere riduce lo stress fisico e mentale, quasi come con un bel sonno riposante. Sorridere aiuta inoltre a generare nuove emozioni positive. Ecco perché spesso ci sentiamo più felici assieme ai bambini: proprio perché essi sorridono di più. In media, lo fanno 400 volte al giorno. Mentre le persone felici sorridono ancora 40-50 volte al giorno, la media di noi lo fa solo 20 volte.
Matthew Hertenstein, professore di psicologia alla DePauw University, ha studiato le foto degli annuari scolastici che ritraggono tutti gli allievi, ha documentato una correlazione certa tra la intensitá con cui le persone sorridevano al fotografo e la probabilità di avere una vita affettiva complicata e subire un divorzio. “Quelli che sorridevano meno, rispetto a quelli che sorridevano di più, avevano in realtà una probabilità cinque volte maggiore di divorziare”, ha detto Hertenstein. Questo autore analizzando le fotografie scattate per il sito della squadra, da giocatori di pallacanestro si spinge ancora oltre affermando che i giocatori che hanno rivolto un sorriso di maggiore intensità al fotografo, avevano circa la metà delle probabilità di morire precocemente rispetto a quelli che sorridevano solo parzialmente o per niente. Quelli che mostravano un sorriso poco convinto vivevano più a lungo di quelli che non sorridevano affatto, ma non tanto quanto i loro compagni di squadra sinceramente sorridenti.
Il sorriso è “il simbolo che è stato valutato con il più alto contenuto emotivo positivo”, ci dice lo scienziato Andrew Newberg.
Ma soprattutto non dimentichiamo mai che il sorriso può essere esercitato e addirittura imparato. O per dirla più precisamente, re-imparato. Molti di noi con il passare del tempo, purtroppo, dimenticano il modo di sorridere sinceramente, e tutti in realtá adottiamo sempre più frequentemente sorrisi “sociali”.
Sorridere è quindi più di una semplice contrazione dei muscoli del viso. In effetti, “Non sapremo mai tutto il bene che un sorriso semplice può fare”, diceva Madre Teresa e arriva probabilmente certamente molto più lontano di quanto possiamo immaginare.